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TROIANE

di SENECA

traduzione e adattamento di Fabrizio Sinisi
regia di Alessandro Machìa

Con

Ulisse | Edoardo Siravo
Agamennone | Paolo Bonacelli
Ecuba | Valeria Ciangiottini
Andromaca | Alessandra Fallucchi

Elena | Silvia Siravo
Polissena | Elena Crucianelli
Coro | Cecilia Zingaro

costumi Sara Bianchi | luci Giuseppe Filipponio
assistente alla regia Elena Crucianelli
Una Produzione LAROS di GINO CAUDAI in coll. con AC ZERKALO

 

In una Troia avvolta dalle fiamme dall’inzio alla fine della tragedia, Seneca mette in scena un universo segnato dal lutto, dalla perdita del controllo sulle passioni, in cui l’umano si afferma soltanto nella sua possibilità di fare il male.

Gli dèi sono ormai presenze lontane e insignificanti, c’è solo l’uomo nella sua infinita solitudine e sofferenza.

A dominare è la guerra. E la morte: una morte che è anche liberazione dal dolore e dall’assurdo della vita.


Troades, che da più parti è stata definita “la più teatrale delle tragedie di Seneca”, rivela una straordinaria modernità nel rappresentare il demoniaco che abita l’interiorità dell’uomo e il male di cui è capace, grazie anche a una lingua asciutta e affilata e a una struttura che, violando le unità aristoteliche, si avvicina a una scansione quasi cinemataografica della narrazione. Seneca emerge come “nostro contemporaneo” nel ritrarre il rapporto tra la dimensione pubblica del potere e quella privata della paura della morte, e nel dare alla parola una carnalità e un furore che, lungi da ogni letterarietà, riesce a farsi vera e propria “azione”; una testualità spettacolare che forse è la vera cifra della modernità del modello tragico proposto da Seneca, dove la tragedia non assolve più a una funzione stabilizzante, ma afferma in sé l’impossibilità di qualsiasi redenzione.

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